'68. L'anno che ha fatto saltare il mondo by Mark Kurlansky

'68. L'anno che ha fatto saltare il mondo by Mark Kurlansky

autore:Mark Kurlansky [Kurlansky, Mark]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Political Process, Political Advocacy
ISBN: 9788804529842
Google: zLrpAAAACAAJ
editore: Arnoldo Mondadori Editore
pubblicato: 2004-04-01T22:00:00+00:00


Da quel momento in poi i leader furono trascinati dagli eventi.

Nell’edificio occupato spuntarono manifesti con l’immagine del Che, di Stokely Carmichael, di Malcolm X e, un po’ anacronisticamente, di Lenin. E vi giunsero, in numero sempre maggiore, neri di Harlem, alcuni, correva voce, armati di pistola. In seguito Rudd confesserà che ebbe paura quella notte, quando tutti si sdraiarono a dormire sul pavimento. «In fondo eravamo ancora ragazzi della borghesia, e di colpo ci trovavamo in una compagnia diversa da quella della protesta studentesca iniziata il mattino.»

Subito emerse una divisione su basi razziali. Gli studenti bianchi, che non volevano alienarsi la base, il corpo studentesco, erano intenzionati a tenere Hamilton Hall aperto per le lezioni. Gli studenti neri invece, che sentivano come loro base la comunità di Harlem, volevano sbarrare l’edificio. Discussi i diversi punti di vista, i due gruppi si riunirono separatamente. I bianchi tennero una riunione nello stile dell’SDS, in cui non si mancò di discutere di lotta di classe, dell’imperialismo in Vietnam e di sottili questioni riguardanti la rivoluzione bolscevica. Nel frattempo, i neri decisero di chiudere la palazzina e chiedere ai bianchi di allontanarsi. «Sarebbe meglio che ve ne andaste a occupare un vostro edificio.»

Scuri in volto e insonnoliti, gli studenti bianchi raccolsero le coperte e i cuscini portati all’ultimo momento da simpatizzanti e si diressero al portone. A Rudd, come racconterà egli stesso, vennero le lacrime agli occhi nel volgere indietro lo sguardo verso i suoi compagni neri che sbarravano l’edificio con barricate tirate su alla bell’e meglio. Si ripeteva l’esperienza dell’SNCC. Il 1968 non era un anno da «neri e bianchi insieme».

Qualcuno fece irruzione nella biblioteca chiusa e, come bambini addormentati, gli altri vi salirono in silenzio, mettendosi a vagare per l’edificio ed entrando e uscendo dall’ufficio di Grayson, con i suoi vasi Ming e il suo Rembrandt. Alcuni studenti presero dei sigari; altri frugarono tra gli schedari alla ricerca di documenti segreti; più tardi affermeranno di essersi imbattuti in informazioni su contratti immobiliari e accordi con il ministero della Difesa. Il mattino presto Rudd trovò un telefono e chiamò i genitori nel New jersey.

«Abbiamo preso un edificio» disse al padre, che aveva saputo delle imprese del figlio dalla radio e dalla televisione.

«Bene, restituitelo» rispose lui.

Il mattino dopo, con un articolo in prima pagina che innalzava il movimento studentesco almeno al livello del caso Linda LeClair il «New York Times» diede un accurato resoconto dei burrascosi eventi del giorno prima, discostandosi dalla versione di Rudd solo nel supporre che avesse agito sapendo quello che faceva. A quanto pareva Mark Rudd, qualificato come presidente dell’SDS della Columbia, aveva programmato di guidare il corteo dalla meridiana al cantiere della palestra per farlo poi tornare alla meridiana e, proprio al momento giusto, chiedere che si prendesse un ostaggio. I lettori del quotidiano non sapevano che l’SDS insegnava ai suoi «leader» a discutere, non a prendere decisioni. Secondo il «Times», inoltre, Rudd, facendo venire dei militanti da Harlem, aveva coinvolto il CORE e l’SNCC, così che la Columbia era ormai parte di una campagna di protesta nazionale.



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